mercoledì 20 giugno 2012

Il tuffo nell'oceano

il 13 maggio del 2005 scrivevo:

Sono le 7 e 32 di una sublime mattina di maggio. L’extraurbana secondaria è sgombra e distende la sua lingua d’asfalto lungo la pianura coltivata. Dimitri guida tranquillo verso il Liceo, sotto gli effetti lenitivi della camomilla con cui ha dovuto fare colazione in mancanza del tè. Dimitri non digerisce il latte.
L’aria è tersa, la luce nitida. Il cielo schiarisce in un impercettibile evolvere di viola, azzurro, blu e rosa.
Nell’autoradio Bob Dylan canta Blowin’ in the wind.
Dimitri non ha voglia di correre come ogni mattina. E’ presto, e preferisce guidare piano.
How many roads must the man walk down, before you call him a man...
Dimitri non sa quante strade un uomo deve percorrere prima che voi lo chiamiate uomo, al momento non ci pensa. Ma su queste note riaffiorano le immagini di anni precedenti. Quando era una matricola del primo anno. Quando era andato a scuola con diecimila lire in tasca temendo che i più grandi gli avrebbero chiesto i soldi per le sigarette. Gli avevano detto così: se quelli più grandi ti chiedono i soldi per le sigarette, tu daglieli, è un rito di iniziazione, una prova. Ma nel suo Liceo era tutta gente tranquilla e le diecimila non gli servirono. Era cominciato così quel viaggio, con le diecimila lire in tasca...

All’inizio erano tutti amici. Ridevano, scherzavano, si fumava nei bagni con le finestre spalancate anche a dicembre... Poi furono cose che a volte accadono. Ognuno si ritagliò il suo gruppo di amici. Dimitri smise di fumare. Alcuni rimasero indietro, altri presero il loro posto. Poi furono lunghe estati in sella al cinquantino.

Il traffico sul cavalcavia muove a singhiozzo. L’armonica di Bob Dylan fraseggia con la chitarra acustica. Il disco di sole si alza piano dietro le case. Dimitri guida, cambia le marce senza andare mai oltre la seconda e pensa ai cinque anni di liceo che con questo mese si concludono. Pensa a quelli che gli sono stati amici, a quelli che sono stati suoi nemici (tra i banchi ci si fa anche quelli ma non nuoce...). E pensa alle prossime settimane. Pensa alla maturità. Pensa agli scritti. E pensa al colloquio. A quando avrà di fronte a sè quegli uomini e quelle donne, un po’ severi un po’ paterni, con i quali ha camminato fin lì. E questi lo guarderanno, lo ascolteranno parlare, osserveranno i suoi gesti, ripenseranno a quando era poco più che un bambino, con i capelli corti e le guance lisce. Qualcuno penserà non è affatto cambiato, altri diranno è proprio cambiato, c’è chi penserà mi ricorda me da giovane, forse qualcuno si sarà persino affezionato un po' a quel ragazzo che si è fatto col tempo sempre più silenzioso e cauto. Dimitri leggerà negli occhi di ciascuno. E quel che indovinerà tralùcere nei loro sguardi, Dimitri lo raccoglierà. E dagli occhi lo lascerà scendere là dove potrà custodirlo, là dove ne avrà cura. Quegli ultimi sguardi saranno i suoi piccoli amuleti per la vita che fuori attende, impaziente. Li terrà buoni per affrontare l’oceano nel quale ha tanta ansia di tuffarsi. E poichè non sa bene quel che troverà in quell’oceano, Dimitri vuole essere certo di sapere almeno quel che si lascia alle spalle. Per questo, quando sarà uscito leggero dall’aula e muoverà i primi passi molli verso l’uscita, non avrà timore di voltarsi indietro, verso il golfo quieto che sta abbandonando. Sarà in quel momento che Dimitri capirà finalmente, come in una folgorazione, cosa hanno significato per lui quelle mura, quei corridoi (custodi muti di tanti discorsi e parole), quelle aule, quelle mattine grigie, quelle luci al neon, quel sole di giugno filtrato dalle tapparelle, quelle nevicate spiate oltre la lavagna, quei litigi, quei sorrisi, quegli stupori, quelle dediche dietro la foto, quelle speranze...

Le suggestioni sospese tra armonica e chitarra finiscono quando Dimitri trova parcheggio. Spegne il motore. Sfila la chiave. Issa in spalle lo zaino e s’incammina verso il Liceo. 
Verso il suo ultimo giorno di Liceo.

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